SEMBRAVA UN SOGNO LA LIBERTÀ
Sembrava un sogno la libertà,
lontano dalle radici dei padri.
Non avevo mai visto il mare;
i suoi flutti, né le sue tempeste.
AppaRiva bianca, panna e latte,
la spuma vergine sulle onde.
Mio padre, mia madre, le sorelle,
nel ricordo che il tempo dilata,
avrei portato dentro gli occhi
e poi chiamati uno ad uno.
Dopo.
Quando il segno della fortuna,
sul colore scuro della mia pelle,
avrebbe portato luce, calore, e riflessi.
La speranza.
Non conoscevo ancora il mare,
solo le sabbia di onde del deserto;
luce calda secca asciutta.
La casa di mia madre.
Non conoscevo ancora il mare.
………………….
La mano aggrappata scivolava
sul bordo lucido del legno.
Ombra lunga che s’annega.
Mani che cercano, vagano;
mani che non si trovano.
Mia madre chiama,
non la sento.
…………………..
Ho conosciuto il mare,
il suo abisso profondo e scuro,
là, dove immagino,
si conservano i sogni.
IL MONTE GEBEL
E IL MARE DISSE AL CIELO
E IL MARE DISSE AL CIELO
…e il mare disse al cielo:
“Non trattenermi, prigioniero delle maree;
dammi un fermo riposo, stantio,
sul litorale della costa”.
E il cielo gli rispose:
“Non trattenermi, schiavo dei temporali;
dammi una ferma giacenza, soporifera,
che non sia giorno, né notte”.
La notte immatura, serva della nostalgia,
mise fine al groviglio del pensiero recondito,
profondo nel sogno, del dubbio.
Quale mare, cielo ci inonderà la mente
al risveglio di un’alba che non sia scura.